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Auto, un mondo da rifondare

di Giampiero Bottino

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1 DICEMBRE 2008

Nel momento in cui il mondo dell'auto naviga a vista preparandosi al peggio, confidando nell'intervento pubblico per attenuare l'impatto di una crisi di portata indefinibile ma certamente traumatica e soffrendo per la frustrazione di un futuro che sembra impossibile da prevedere e pianificare, emerge una sola certezza: quando la bufera sarà passata, niente sarà più come prima.
«L'automobile deve cambiare oppure è destinata a morire». Sono parole pronunciate in tempi non sospetti da Fujio Cho, ex numero uno della Toyota. Erano riferite soprattutto ai temi ambientali sui quali il primo gruppo automobilistico mondiale è particolarmente impegnato, ma assumono un significato diverso, e più ampio, se le si rilegge alla luce della situazione attuale.
Poche settimane hanno trasformato un vaticinio scomodo in un diktat al quale è impossibile sottrarsi se si vuole sopravvivere allo tsunami (che la crisi possa lasciare sul terreno delle vittime illustri sembra più di una semplice ipotesi). E non si tratterà solo di progettare vetture più "verdi", rendendo più efficienti le alimentazioni tradizionali e accelerando verso quelle alternative.
Certo, le tecnologie ambientali sono una priorità: lo confermano sia la prima ipotesi di accordo sui futuri limiti Ue sulle emissioni di CO2 faticosamente raggiunto sei gorni fa a Bruxelles, sia le numerose proposte "verdi" esposte al 38esimo Motor Show in programma a Bologna dal 5 al 14 dicembre. Rappresentano la strada maestra capace di condurre il settore fuori dalle secche in tempi ragionevoli. Da questa convinzione traggono origine le perplessità manifestate, non solo dal mondo ambientalista, sugli aiuti governativi sollecitati da entrambe le sponde dell'Atlantico, con toni magari diversi per intensità emotiva, ma unanimi nella sostanza.
C'è il "fronte del no" e del "cavatevela da soli", tesi legittima ma non facile da accettare quando ci sono in ballo i livelli occupazionali che l'industria dell'auto coinvolge nei Paesi in cui è presente. Ma c'è anche chi – pur convinto dell'inevitabilità (e magari dell'opportunità) di qualche forma di sostegno – si domanda se abbia senso intervenire indiscriminatamente, finanziando veicoli sempre più anacronistici per consumi, emissioni e dimensioni. O se gli aiuti – posizione che sembra al momento prevalente nell'ambito della Commissione Ue – non debbano essere finalizzati allo sviluppo non tanto di nuovi modelli, quanto di una filosofia dell'auto più in sintonia con il mutato contesto socio-economico di un mondo che, passata la tempesta, "non sarà più lo stesso".
Se l'ambiente è al centro di questa visione, non è però l'unica sfida per i costruttori: l'automobile resterà ancora a lungo il cardine della mobilità individuale, ma per ripartire dopo il brusco stop dovrà dare risposte adeguate a un cambiamento al quale la crisi finanziaria (e poi economica) sembra aver impresso un'accelerazione impensabile fino a pochi mesi fa.
La minor disponibilità economica, per esempio, ha senza dubbio velocizzato una tendenza in atto da tempo, ma su ritmi più contenuti: la migrazione verso auto di dimensioni più piccole, più adatte al traffico caotico e convulso delle grandi città. Ma anche confortevoli e ben equipaggiate come si conviene alla vettura da famiglia, soprattutto se la famiglia deve rinunciare alla seconda auto.
Una tendenza non solo europea – il nostro concetto di piccola auto si sta imponendo anche negli Usa – che dovrebbe favorire la competenza specifica accumulata negli anni dai paladini del "piccolo è bello" come Fiat e i costruttori francesi.
Ma che suscita anche l'interesse delle marche premium, soprattutto tedesche, che si preparano a migrare verso i segmenti inferiori – finora guardati con un pizzico di snobistico distacco – per cogliere queste nuove opportunità di crescita e, last but not least, per abbassare le emissioni medie delle rispettive gamme.
L'altro terreno di competizione che suscita crescenti attenzioni si chiama low cost. La definizione, inizialmente "tagliata" sui mercati di prima motorizzazione, viene oggi ritenuta credibile anche nelle aree motoristicamente più evolute. Non a caso la Fiat, come anticipato dal sempre ben informato "Automotive News Europe", avrebbe proprio l'Europa occidentale nel mirino di tre auto low cost da lanciare con un brand autonomo a partire dal 2010. E non c'è solo il Lingotto a muoversi in questa direzione. La concorrenza sarà accesa e a tutto campo, perché su questo terreno il modello di business delle industrie mature sembra meno convincente di quello dei player emergenti (come cinesi e indiani) che low cost ci sono nati.
Insomma, per il futuro si cambia. E il cambiamento, soprattutto se è epocale, comporta delle sofferenze: soffrono le case, soffrono molto i componentisti, soffrono moltissimo le reti di vendita. Ma l'automobile, lo speriamo e ci crediamo, saprà ritrovare presto la strada della crescita.

giampiero.bottino@ilsole24ore.com

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